TRIBUNALE DI AOSTA
Sentenza 9-16 novembre 2016, n. 347
Il Tribunale ordinario di Aosta, in composizione monocratica nella persona del giudice dott. Paolo De Paola, ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente
SENTENZA
nella causa civile di appello iscritta al n. r.g. 214/2016
promossa da:
XXXXXXXXXXXXXXX
ATTORE
contro
PRESIDENTE della REGIONE AUTONOMA VALLE D’AOSTA in qualità di titolare delle funzioni prefettizie in persona del Presidente pro tempore, per legge rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato di Torino, domiciliataria in C.so Stati Uniti n. 45
CONVENUTO
Precisate all’udienza del 9.11.2016, all’esito di discussione ex art. 429 c.p.c., le seguenti
CONCLUSIONI
PER PARTE ATTRICE: come nell’atto introduttivo del giudizio (e cioè:
“voglia l’Ill.mo Tribunale di Aosta adito, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione,
in accoglimento dell’appello e a integrale riforma della sentenza n° xxxxxx del xxxxx, emessa dal Giudice di Pace di Aosta e depositata in cancelleria il xxxxx,
In via principale
dichiarare l’annullamento e/o comunque l’inefficacia dell’atto di accertamento impugnato, n° xxxxxx del xxxxxx, emesso dai Carabinieri della Legione Carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta, Stazione di xxxxxx, con conseguente annullamento di ogni atto consequenziale e collegato a tale provvedimento, in particolare, revocando ogni sanzione pecuniaria ed accessoria e per l’effetto annullare le sanzioni irrogate con tali provvedimenti.
Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio, oltre accessori di legge”).
PER PARTE CONVENUTA: come in comparsa di costituzione ed in memoria ex art. 101 comma 2 c.p.c..
Conclusioni formulate nella comparsa di costituzione:
“Rigettare il proposto appello perché infondato. Vinte le spese”.
Conclusioni formulate nella memoria ex art. 101 comma 2 c.p.c.:
“Preliminarmente, dichiararsi l’incompetenza del Tribunale adito per essere competente il Tribunale di Torino; in subordine, disporre il mutamento del rito e, nel merito, rigettare il proposto appello perché infondato. Vinte le spese”.
*****
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
I. L’appello è stato proposto avverso e per la riforma integrale della sentenza del Sig. Giudice di Pace di Aosta n. xxxxx emessa in data xxxxxx, nella procedura di opposizione a sanzione amministrativa R.G. xxxxx, non notificata.
L’opposizione aveva ad oggetto il verbale di contestazione di violazioni n. xxxxxxxxx del xxxxxxx emesso dalla Legione Carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta – Stazione di xxxxxx in qualità di xxxxxx.
Con il detto verbale veniva contestata la seguente violazione prevista e punita dall’art. xxxxxx del Codice della Strada: xxxxx (cfr. pagg. 1 e 2 del ricorso in opposizione introduttivo del giudizio di primo grado).
Con la citata sentenza (le cui motivazioni sono state depositate il xxxxx), il Giudice di Pace, visto l’art. 7 del D.Lgs. del 1° settembre 2011, ha così deciso:
– ha respinto il ricorso;
– ha confermato il verbale sopra indicato;
– ha determinato in € xxxxxx oltre a €. xxxx l’importo della sanzione;
– ha dichiarato integralmente compensate fra le parti le spese di causa.
II. Il presente giudizio concerne quindi un appello proposto con citazione avverso sentenza resa dal Giudice di Pace all’esito di opposizione a verbale di accertamento di violazione del codice della strada; è stato evocato in giudizio il Presidente della Regione autonoma Valle d’Aosta nell’esercizio delle attribuzioni prefettizie, con la conseguenza che in relazione alla fattispecie oggetto di giudizio la parte convenuta si configura come un’amministrazione periferica dello Stato.
Con ordinanza del 25.6.2016, sono state sottoposte alle parti:
– la questione (rilevabile d’ufficio) concernente il rito applicabile, a fronte della disposizione dell’art. 7 del D.Lgs. n. 150/2011;
– la questione concernente l’individuazione del Tribunale competente per l’appello, a fronte delle previsioni dell’art. 25 c.p.c. nonché della normativa speciale degli artt. 6 e 7 comma 2 del R.D. n. 1611/1933 (“Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato”), questione rilevabile anche d’ufficio ai sensi dell’art. 9 del R.D. n. 1611/1933 (cfr. anche Cass. civ. sez. 6-3 ordinanza n. 13268 del 2012, laddove – nella parte motiva – si fa riferimento anche all’ipotesi di assenza di eccezione dell’Avvocatura dello Stato).
Le parti hanno preso posizione sulle predette questioni, depositando memorie ex art. 101 comma 2 c.p.c..
Come concordemente esposto dalle parti (cfr. verbale di udienza del 6.9.2016 e memorie ex art. 101 c.p.c.), si evidenzia che:
– nel presente giudizio di appello deve applicarsi il rito del lavoro, essendo stata la vertenza de qua instaurata dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2011 (cfr. Cass. civ. sez. 6-3 sentenza n. 25061 del 2015, che richiama la disposizione transitoria prevista dall’art. 36 D.Lgs. 150/2011), non potendosi far riferimento quindi all’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Corte di Cassazione Sezioni Unite con sentenza n. 2907 del 2014, dal momento che tale pronuncia si riferisce ai giudizi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione introdotti prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2011 (entrata in vigore che è da individuare nel 6.10.2011);
– è comunque da ravvisare la tempestività dell’appello (essendo stato comunque raggiunto lo scopo di costituire il rapporto processuale nei termini di rito, a fronte della circostanza che l’appello era stato depositato il 22.2.2016, appena 39 giorni dopo il deposito della motivazione della sentenza di primo grado, nei termini ex art. 327 c.p.c., come evidenziato nella sentenza n. 25061 del 2015), rilevandosi (come esposto dalle parti) la non necessità di alcuna attività integrativa ex art. 426 c.p.c., essendo gli atti già completi e non essendo tale norma applicabile alla materia in esame in virtù dell’esclusione di cui all’art. 2 D.Lgs. 150/2011.
L’operatività del rito del lavoro anche in appello, del resto, emerge dal chiaro tenore letterale della norma in esame, che individua appunto come regola generale (dal punto di vista procedurale) quella della regolamentazione delle controversie de quibus “dal rito del lavoro” (senza alcun limitazione correlata al grado di giudizio, e fatte comunque salve le deroghe espressamente previste).
III. Le parti hanno assunto invece posizioni diverse in ordine alla questione concernente l’individuazione del Tribunale competente per il giudizio di appello, dal momento che:
– la parte attrice, pur a seguito dei chiarimenti richiesti con riferimento all’epoca di instaurazione del presente giudizio (successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2011), ha sostenuto l’estraneità del foro erariale sulla base del richiamo al precedente costituito dalla pronuncia di Cass. civ. SS.UU. ordinanza n. 23285/2010;
– la parte convenuta ha ritenuto invece di non condividere tale orientamento, invocando il ritorno alla regola del foro erariale per il grado di appello.
Per la soluzione della questione concernente l’individuazione del Tribunale competente per il giudizio di appello, appare opportuno esaminare il quadro normativo e giurisprudenziale anteriore al D.Lgs. n. 150/2011 e valutare poi le innovazioni introdotte con la citata novella legislativa.
1. Il quadro normativo e giurisprudenziale anteriore al D.Lgs. n. 150/2011.
Premesso che la materia delle opposizioni in materia di violazioni del Codice della Strada non aveva una disciplina autonoma rispetto alle opposizioni ad ordinanze – ingiunzioni, si osserva innanzitutto che la competenza originaria (artt. 22-23 L. 689/1981) era in capo al Pretore.
Con l’introduzione dell’art. 22bis L. 689/1981 (art. 98 D.Lgs. n. 507/1999), a seguito dell’istituzione del giudice unico di primo grado, è stato previsto un riparto di competenza tra Giudice di Pace e Tribunale a seconda della materia e del valore, ferma restando la competenza per territorio del giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione.
La possibilità di appello, inizialmente non prevista (con conseguente diretta ricorribilità in Cassazione delle sentenze rese all’esito del primo grado di giudizio), è stata introdotta dall’art. 26 D.Lgs. n. 40/2006.
In tale contesto normativo era stata sostenuta in giurisprudenza – per i giudizi di appello avverso le sentenze del Giudice di Pace in materia di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, la regole del foro erariale – in base all’orientamento secondo cui: “Sussiste la competenza del foro erariale, ai sensi dell’art. 7, secondo comma, r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, per le cause di appello avverso le sentenze emesse dal giudice di pace, pur essendo rimasta immutata la originaria formulazione letterale di detta norma di legge a seguito delle riforme ordinamentali e processuali comportanti l’introduzione dell’ufficio del giudice di pace. Tale conclusione è giustificata dall’interpretazione evolutiva della norma, coerente alla sua “ratio legis”, consistente nel recupero, in grado di appello, per evidenti esigenze organizzative di concentrazione delle attività dell’Avvocatura dello Stato, della speciale competenza del foro erariale di cui all’articolo 6 del predetto regio decreto” (cfr. Cass. civ. sez. 2 ordinanza n. 17579 del 2007, nonché le successive conformi pronunce di Cass. civ. sez. 3 ordinanza n. 19781 del 2008, Cass. civ. sez. 3 ordinanza n. 11242 del 2009, Cass. civ. sez. 3 ordinanza n. 8996 del 2010, Cass. civ. sez. 6-3 ordinanza n. 17701 del 2010).
Tale orientamento è stato poi superato è stata affermata da Cass. civ. SS.UU. ordinanza n. 23285/2010 (emessa in relazione ad ipotesi di ordinanze-ingiunzione), pronuncia con la quale, in riferimento all’art. 7 del Decreto n. 1611/33 (T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato), è stata affermata l’esclusione del foro erariale per i giudizi di appello in materia di opposizione a sanzioni amministrative, sul rilievo che:
– sebbene, in seguito all’abolizione del giudice unico di primo grado, “le controversie che, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 51 del 1998, erano attribuite alla competenza del pretore per limiti di valore e che sono, in base al vigente art. 9 cod. proc. civ. ed al D.Lgs. n. 51 del 1998, art. 244 di competenza del tribunale in composizione monocratica, sono soggette alle regole processuali del cd. foro erariale di cui all’art. 25 cod. proc. civ. e al R.D. n. 1611 del 1933, art. 6 dovendosi ritenere implicitamente abrogato per incompatibilita’ “in parte qua” il R.D. n. 1611 del 1933, art. 7 che stabiliva l’inapplicabilita’ della regola del foro erariale nelle cause di competenza del pretore”, purtuttavia “cio’ non esclude che la disciplina del foro erariale sia derogata, per effetto di specifiche disposizioni del legislatore (controversie previdenziali, di opposizione a sanzioni amministrative, sulla disciplina dell’immigrazione, di convalida di sfratto), ogni volta che sia manifesto l’intento di determinare la competenza per territorio sulla base di elementi diversi ed incompatibili rispetto a quelli risultanti dalla regola del foro erariale e, percio’, destinati a prevalere su questa” (Cass. s.u. 2 luglio 2008 n. 18036);
– alla luce di questo precedente, “l’esenzione dal “foro erariale”, per le cause qui in considerazione, ab origine derivava non dall’essere stabilita la competenza per materia del pretore, ma quella per territorio del giudice del luogo in cui e’ stata commessa la violazione, per un’esigenza di “prossimita’” rimasta attuale anche dopo la soppressione delle preture”, ritenendosi pertanto che “l’esenzione suddetta non e’ venuta meno, per il campo delle sanzioni amministrative. L’affermazione si riferisce espressamente soltanto al primo grado, ma puo’ senz’altro essere estesa anche all’appello. I due commi dell’art. 7 del testo unico sono infatti strettamente collegati, poiche’ il secondo fa riferimento esclusivamente ai giudizi suddetti, menzionati nell’altro, nel cui ambito non sono comprese le cause di opposizione in materia di sanzioni amministrative, che sono comunque esenti dalla regola del “foro erariale”. Ad esse risultano pertanto inapplicabili le due disposizioni suddette, che a tale regola apportano una deroga e che ne ripristinano l’operativita’, rispettivamente per il primo e il secondo grado di giudizio”.
2. Il quadro normativo delineato dal D.Lgs. n. 150/2011.
La materia dell’opposizione ad ordinanza-ingiunzione e quella (specifica) dell’opposizione al verbale di accertamento di violazione del Codice della Strada sono disciplinate rispettivamente dall’art. 6 e dall’art. 7 del citato D.Lgs..
Le due fattispecie, pur avendo una regolamentazione autonoma, sono accomunate – quanto al rito – dalla circostanza che, in linea generale, si applica il rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni dei citati artt. 6 e 7.
La competenza in primo grado è attribuita in via esclusiva, per le materie di cui all’art. 7 D.Lgs. n. 150/2011, al Giudice di Pace del luogo in cui è stata commessa la violazione, mentre per le ipotesi disciplinate dall’art. 6 del medesimo D.Lgs, vi è un riparto di competenza in primo grado tra Giudice di Pace e Tribunale.
Ciò posto, si evidenzia che tutte le norme procedurali specificamente previste dall’art. 6 e dall’art. 7, diverse da quelle del rito del lavoro (rito che costituisce la regola), sono dunque eccezionali rispetto a quelle del rito lavoro e, in quanto tali, non sono suscettibili di interpretazione estensiva o analogica (art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale).
La pregressa disciplina procedurale delle opposizioni avverso ordinanza-ingiunzione, in quanto autonomamente delineata (artt. 22 e segg. L. 689/1981), aveva invece natura speciale e, quindi, si poneva su uno stesso piano rispetto alla norma (speciale) dettata in tema di “foro erariale”.
In mancanza di espressa disciplina della competenza territoriale in appello, non può farsi applicazione della regola del primo grado, dal momento che, fermo restando che in appello deve applicarsi – come detto – il rito del lavoro, non vi è ultrattività della deroga alla regola del foro erariale, prevista solo per il primo grado.
Si ritiene pertanto che allo stato la regola della prossimità del giudice (richiamata per l’appello da Cass. SS.UU. n. 23285/2010, con riferimento agli appelli avverso ordinanze-ingiunzione) non concerna gli odierni appelli in materia di violazioni del Codice della Strada o comunque gli appelli avverso le sentenze del Giudice di Pace nelle materia in esame.
In particolare, si ritiene che – pur trattandosi di giudizi di appello – vada affermata nel caso di specie la competenza prevista per i giudizi innanzi al Tribunale (in quanto investito degli appelli avverso le sentenze del Giudice di Pace) in base alla regola generale dettata dall’art 6 del Decreto n. 1611/1933 (foro erariale), dal momento che:
A) L’esclusione dell’operatività del citato art. 6 del Decreto 1611/1933 nell’ambito delle cause trattate col rito del lavoro è prevista dall’art 413 c.p.c., ma tale esclusione non è ravvisabile nella fattispecie in esame per la deroga di cui all’art 2 D.Lgs. n. 150/2011 (che esclude l’applicabilità dell’art. 413 c.p.c., salvo espresso richiamo, richiamo non operato dall’art. 6 e dall’art. 7 D.Lgs. n. 150/2011), e, quindi, il citato art. 6 del Decreto n. 1611/1933 ben può trovare applicazione.
La deroga alla regola del foro erariale opera solo per il primo grado, in quanto espressamente prevista in via di eccezione; il legislatore, inoltre, non avendo operato – per i giudizi in esame (cioè i giudizi di secondo grado) – alcun richiamo alla deroga prevista dall’art. 413 c.p.c. da far valere per i giudizi innanzi al tribunale in sede di appello, ha evidentemente inteso escludere l’operatività di tale deroga per i giudizi medesimi.
B) In tale contesto normativo (mutato – si ribadisce – rispetto alla pronuncia di Cass. SS.UU. n. 23285/2010), deve infatti farsi applicazione della norma speciale del foro erariale (artt. 6 e 7 Decreto n. 1611/1933) e non della norma (ora eccezionale) della “prossimità” dettata per il primo grado dall’art. 6 e dall’art. 7 D.Lgs n. 150/2011.
La norma della “prossimità” era prima una norma speciale, in quanto oggetto di un’autonoma disciplina (artt. 22 e segg. L. 689/1981), e, quindi, si poneva su uno stesso piano rispetto alla norma (speciale) dettata in tema di “foro erariale” (destinata a regolamentare la materia del “Foro dello Stato” ai sensi degli artt. 6 e segg. del Decreto n. 1611/1933), ben potendo prevalere su tale ultima regola per l’intento del legislatore di “determinare la competenza per territorio sulla base di elementi diversi ed incompatibili rispetto a quelli risultanti dalla regola del foro erariale” (Cass. civ. SS.UU. n. 23285/2010).
Attualmente, invece, la norma della “prossimità”, dettata per il primo grado dall’art. 7 D.Lgs. n. 150/2011 (al pari di quanto previsto dall’art. 6 del medesimo D.Lgs.), ha natura “eccezionale” rispetto alle regole generali del rito del lavoro applicabili ai giudizi de quibus e, pertanto, in mancanza di un espresso richiamo per il giudizio di appello, non può trovare applicazione in tale giudizio (nel cui ambito deve conseguentemente trovare applicazione la regola generale per i giudizi in cui è parte un’amministrazione dello Stato).
Non si tratta, quindi, di contrastare (contrariamente alla posizione assunta dalla parte convenuta) i presupposti in base ai quali era stata pronunciata l’ordinanza di Cass. civ. SS.UU. n. 23285/2010, né tantomeno di fare nuovamente applicazione dell’orientamento giurisprudenziale in precedenza espresso dalle citate ordinanze della Corte di Cassazione nn. 17579/2007, 19781/2008, 11242/2009, 8996/2010, 17701/2010 (orientamento definitivamente superato da Cass. civ. SS.UU. n. 23285/2010), bensì di prendere atto del mutamento del contesto normativo intervenuto in epoca successiva alla detta pronuncia, contesto normativo nel cui ambito si ritiene di addivenire – per le esposte ragioni – alle conclusioni innanzi evidenziate.
Per tali motivi, non appare pertinente il richiamo (operato dalla parte attrice in sede di discussione all’udienza del 9.11.2016) a Cass. civ. sez. 6-2 ordinanza 12.1.2015 n. 185, trattandosi di pronuncia emessa con riferimento ad un procedimento instaurato prima della riforma operata dal D.Lgs. n. 150/2011.
IV. Alla luce dei rilievi svolti (che, per il loro carattere assorbente, precludono ogni altra valutazione sul merito della vertenza, rendendo ultronea anche ogni ulteriore attività processuale a carattere istruttorio), deve dichiararsi l’incompetenza dell’adito Tribunale di Aosta, per essere competente, in sede di appello, il Tribunale ordinario di Torino (ove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il tribunale o la corte d’appello che sarebbe competente secondo le norme ordinarie).
V. In considerazione della circostanza che la questione della competenza è stata rilevata d’ufficio, non è ravvisabile una soccombenza di una parte rispetto all’altra, con la conseguenza che vanno integralmente compensate le spese processuali del presente giudizio di appello.
VI. In considerazione della particolare complessità della controversia (complessità legata alla novità della questione trattata), va fissato – ai sensi dell’art. 429 comma 1 ultimo periodo c.p.c. – un termine per il deposito della sentenza, termine che si ritiene congruo indicare in 10 giorni.
P.Q.M.
Il Tribunale ordinario di Aosta in composizione monocratica nella persona del giudice dott. Paolo De Paola,
definitivamente pronunciando nella causa civile di appello iscritta al n. 214/2016 R.G.,
così provvede:
1) DICHIARA l’incompetenza dell’intestato Tribunale di Aosta, per essere competente, in sede di appello, il Tribunale ordinario di Torino;
2) COMPENSA integralmente tra le parti le spese processuali del presente giudizio;
3) visto l’art. 429 comma 1 ultimo periodo c.p.c., FISSA in giorni 10 il termine per il deposito della sentenza.
Aosta, 9 novembre 2016
IL GIUDICE
dott. Paolo De Paola