
Una lettera di recesso libera il familiare dell’obbligo di versare la retta in eventuale sostituzione del disabile o anziano. È quanto ha stabilito la Prima Sezione della Corte di Appello di Bologna con la sentenza n. 448/2016 con la quale viene fatta chiarezza sulla qualificazione giuridica del documento fatto firmare ai familiari del degente al momento dell’ammissione in una RSA.
La sentenza aggiunge un tassello all’ormai nota questione del pagamento della retta della RSA. La legge prevede che il 50% sia a carico del servizio sanitario nazionale ed il restante del Comune con compartecipazione dell’utente. A seguito della sentenza 16 marzo 2011, n. 1607, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha statuito che per disabili ed anziani non autosufficienti conta il reddito dell’interessato e non di tutta la famiglia.
Nonostante ciò numerosi fatti di cronaca testimoniano la consuetudine, da parte delle RSA, di richiedere ai parenti del degente il pagamento della retta. Con la sentenza di cui in oggetto la Corte di Appello di Bologna afferma che:
“Sia in ipotesi di qualificazione come contratto di espromissione che, più correttamente, di promessa unilaterale di pagamento di prestazione futura è in ogni caso, trattandosi di rapporto di durata a tempo indeterminato, riconosciuta la facoltà di recedere unilateralmente, ex art. 1373 c.c.”.
Una volta esercitata la facoltà di recesso, qualora la struttura dovesse minacciare le dimissioni del malato, commetterebbe reato di abbandono di persone minori o incapaci ex articolo 591 codice penale il quale, è bene ricordarlo, per concretizzarsi richiede l’obbligo di custodia, la sussistenza dell’incapacità del soggetto passivo e una situazione di pericolo.
Stante queste premesse, per rientrare nell’ipotesi prospettata dalla Suprema Corte occorre dimostrare l’inscindibilità delle attività di rilievo sanitario e socio-assistenziali in quanto, proprio su tale perno, si fonda il ragionamento dedotto nel caso di specie. Nel caso in cui dovesse mancare questo elemento ben si configurerebbe, comunque solo a carico del degente, il pagamento delle prestazioni socio-assistenziali.
(Altalex, 7 dicembre 2016. Nota di Alessandro Iocco)