L’Europa del calcio è diventata finanziariamente più stabile ma il gap tra club ricchi e tutti gli altri continua a crescere, ed è anzi destinato ad aumentare ancora. L’allarme arriva dall’ultimo Report dell’Uefa nel quale, il neo presidente della Federcalcio continentale, Aleksander Ceferin, si dice preoccupato per lo squilibrio di risorse economiche tra i top club ed il resto d’Europa. I nove ‘super club’ sono conosciuti da tutti (cinque di Premier: City, United, Liverpool, Chelsea, Arsenal, a cui si aggiungono Barcellona, Real, Bayern e Psg) e l’Uefa sottolinea come in termini economici, queste società hanno incrementato il loro reddito di circa 100 milioni di sterline l’anno negli ultimi sei anni solo da introiti commerciali (merchandising e sponsor). Per capire la forbice finanziaria che taglia in due il calcio europeo basti pensare che l’aumento medio per la maggior parte degli altri club d’Europa nello stesso periodo è stato ben al di sotto del milione di sterline. Sempre negli ultimi sei anni, i primi 15 club europei (tra questi, anche Juventus 14ma, e Milan 15mo) hanno incrementato le sponsorizzazioni e gli utili commerciali di 1,51 milioni (+148%), oltre il triplo rispetto ai 453 milioni (+17%) delle altre 700 squadre di massima divisione d’Europa.
Tra i club ‘paperoni, guida il Real (578 milioni di fatturato), seguito da Barcellona (561 mln), United (521 mln), Psg, Bayern, City, Arsenal, Chelsea e Liverpool. “In quanto custode del calcio in Europa – scrive Ceferin – l’Uefa deve rimanere vigile e prendere atto delle tendenze meno positive evidenziate nella relazione, come un ritorno alla forte crescita dei salari e la crescente concentrazione di sponsorizzazioni e ricavi commerciali tra una manciata di club”. Questo non deve comunque far passare in second’ordine il successo del fair play finanziario, che ha rappresentato, spiega il n.1 del calcio europeo, “la chiave di volta per ridurre le perdite finanziarie. Un club che spende molto di più di quello che guadagna, come ha fatto il Manchester City prima di essere sanzionato è ormai una cosa del passato”. Insomma, oggi il calcio ‘made in Europe’ gode senz’altro di una posizione finanziaria più stabile e sostenibile: negli ultimi due anni, i profitti operativi complessivi sono aumentati a 1,5 miliardi, rispetto al ‘rosso’ di 700 milioni nei due anni precedenti l’introduzione del fpf. Questo ha permesso di ridurre le perdite totali dell’81% a poco più di 300 mln, mentre l’indebitamento netto in percentuale sui ricavi è sceso dal 65% del 2009 al 40% del 2015. E sempre grazie al fair play finanziario, è diminuito di molto anche il numero di club col bilancio in perdita: quelli con il ‘rosso’ più consistente (oltre 45 mln in un anno) si sono più che dimezzati, erano 11 nel 2011, sono scesi a 4 nel 2015. L’altra faccia della medaglia di questo fiume di denaro che produce il pianeta calcio è rappresentato, come detto, dalle disparità enormi: le 20 squadre della Premier League da sole fatturano ogni anno quasi 4 miliardi di sterline, più dei 597 club più piccoli dei 48 campionati europei messi insieme.
E questo gap è destinato ad aumentare: basti pensare che il club ultimo in classifica in Premier incasserà quest’anno solo da diritti tv circa 105 milioni di sterline, cioè più della maggior parte dei club in Europa. Il Rapporto spiega poi, a grandi spanne, qual è il valore del mercato dei giocatori al Mondo: 25.5 miliardi di sterline, di cui 21 miliardi in Europa, e 3,7 miliardi solo in Premier, che spende solo di salario circa 2,3 miliardi a stagione, due volte due volte quanto spendono la Serie A, la Liga e la Bundesliga. Sempre l’Inghilterra è il Paese con più proprietari stranieri (28), rispetto agli altri 13 campionati europei messi insieme (16), con gli investitori cinesi (9 proprietari di maggioranza) e americani (10) più attivi di tutti.