La riconciliazione incide sulla spettanza dell’assegno divorzile?

La ripresa della convivenza, con la ricostituzione di una nuova famiglia di fatto tra gli ex coniugi, determina un nuovo assetto anche negoziale, basato su un nuovo accordo, sia pure per facta concludentia, estintivo del rapporto giuridico preesistente in quanto incompatibile con il precedente assetto dei rapporti economici derivante dalla pronuncia di divorzio. Ne deriva che tale riconciliazione, successiva al divorzio, deve ritenersi avere incidenza, quale fatto sopravvenuto, sulla richiesta di revisione dell’assegno divorzile. Lo stabilisce la Cassazione civile, sez. I, ordinanza 8 marzo 2023, n. 6889.

Responsabilità medico-chirurgica, il ruolo strategico ricoperto dal CTU

In ipotesi di accertamento della responsabilità medico-chirurgica, attesa l’innegabilità delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie non solo alla comprensione dei fatti, ma alla loro stessa rilevabilità, la CTU presenta carattere percipiente, sicché il Giudice può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati, ma anche quello di accertare i fatti medesimi, ponendosi pertanto la consulenza, in relazione a tale aspetto, come fonte oggettiva di prova. È quanto si legge nella sentenza n. 2132 del Tribunale di Milano del 15 marzo 2023.

Reati tributari: Il Decreto bollette introduce una nuova causa speciale di non punibilità

Sulla Gazzetta Ufficiale del 30 marzo 2023 è stato pubblicato il d.l. 30 marzo 2023 n. 34 in tema di “Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali”, contenente, all’art. 23 una norma penale, ampiamente pubblicizzata dai media e fonte di polemiche politiche, la quale prevede una speciale causa di non punibilità – così espressamente qualificata dal testo normativo – per i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater del d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74.

Il licenziamento del disabile per superamento del comporto

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi ancora una volta sulla legittimità del licenziamento per superamento del periodo di comporto intimato nei confronti di un lavoratore portatore di un handicap, ha osservato come, nella fattispecie in esame, il licenziamento dovesse considerarsi illegittimo ritenendo configurabile l’ipotesi di discriminazione indiretta operante in modo oggettivo e a prescindere dalla volontà illecita del datore di lavoro (Cassazione civile, Sez. lav., sentenza 31 marzo 2023 n. 9095).