Obbligo di collazione per chi subentra a titolo universale all’erede

La vicenda inizia nel lontano 1944, allorché si apre la successione dell’iniziale de cuius. Il giudice adito, nel 2007, dichiara che l’originario attore (al quale successivamente sono subentrati gli eredi) è figlio naturale del dante causa originario e dispone lo scioglimento della comunione ereditaria, attribuendo al figlio naturale la metà della quota spettante ai figli legittimi. La Corte d’Appello, rilevato il sopraggiungere della riforma del 2012-2013 e il principio di non discriminazione afferma che al figlio nato nel matrimonio e al figlio nato fuori di esso compete il medesimo trattamento successorio, con identità delle quote sui beni relitti. La Corte, tuttavia, rigetta la richiesta di applicazione dell’istituto della collazione. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione il discendente del figlio “legittimo”, chiedendo l’applicazione della legge vigente all’epoca dell’apertura della successione e, pertanto, il riconoscimento di una quota dimezzata per il figlio nato fuori del matrimonio. La Cassazione con sentenza 31 marzo 2023, n. 9066 afferma che l’obbligo di collazione grava anche su chi subentra all’erede.

Processo del lavoro: legittima la decisione sulla richiesta di chiamata del terzo all’udienza di discussione

Con la sentenza n. 67 dell’11 aprile 2023 la Corte costituzionale ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 418, comma 1, e 420, comma 9, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 111, comma 2, Cost., nella parte in cui non prevedono che, qualora il convenuto intenda chiamare in causa un terzo, debba richiedere al giudice, a pena di inammissibilità, la previa modifica del decreto di fissazione dell’udienza di discussione, poiché – diversamente dalla disciplina prevista per la proposizione della domanda riconvenzionale – la chiamata di terzo non è proposta nei confronti di un soggetto che è già parte del giudizio e – diversamente dalla disciplina della chiamata di terzo nel processo ordinario – sussistono specifiche esigenze del modello processuale di specie per rimettere ogni decisione all’udienza di discussione, ossia quella di consentire al ricorrente, che di solito è il lavoratore, di interloquire ex ante rispetto all’autorizzazione alla chiamata in causa del terzo.

Insolvenza dell’impresa: la valutazione prospettica va fatta sulla base di dati obiettivi

La Corte d’appello di Roma, con la sentenza del 7 marzo 2023, accogliendo il reclamo proposto da una Società avverso la sentenza che ne aveva dichiarato il fallimento, ha affermato che la valutazione dello stato di insolvenza in capo all’impresa, sia pure operata avendo riguardo ad un orizzonte temporale prossimo, secondo quanto stabilito dal CCII, e non esclusivamente al momento della valutazione stessa, non può essere effettuata sulla scorta di elementi di natura meramente indiziaria, se non confortati da dati obiettivi.