L’analisi dei repertori giurisprudenziali dimostra che lo stalking è un fenomeno criminale in crescita, che ha una larga ed omogenea diffusione sul territorio nazionale. Le vittime degli atti persecutori sono per più donne, tanto questo delitto è ritenuto un “reato spia” della violenza di genere. Le condotte tipiche di minaccia o di molestia della vittima sovente si sostanziano in atti che, singolarmente considerati, sarebbero accettati o, quanto meno, tollerati sul piano sociale, ma che, in conseguenza della reiterazione, e, dunque, per l’insistenza e per l’invadenza nel tempo, generano ansia e paura nella vittima ovvero la costringono a cambiare le proprie abitudini di vita. Sempre più di frequente le azioni moleste o minacciose sono commesse utilizzando social network, spesso con account falsi. L’accertamento del delitto può essere complesso in tali casi, nei quali occorre acquisire prove digitali, oltre che nelle frequenti fattispecie in cui anche la persona offesa attua condotte aggressive nei confronti dello stalker. In tali evenienze, la reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo sul giudice solo un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell’evento di danno, ossia dello stato d’ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l’incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita.